Meglio Rosso che Tecnico

In una intervista alla – ahimè – defunta rivista di informazione discografica “CD Classica” (aprile 1993) il valente violinista barocco Enrico Gatti dice: ” … Ci sono tantissimi gruppi che fingono di utilizzare strumenti con montatura antica, mentre ciò che fanno è in pratica un riciclaggio della loro tecnica moderna: se Lubrano [il primo conduttore di Mi manda RaiTre] si interessasse a questo tipo di truffe avrebbe sicuramente materiale per molte trasmissioni, tante sono le incisioni discografiche in circolazione! Tutto ciò accade perché negli ultimi anni si è creato un certo mercato per le cosiddette esecuzioni filologiche, e c’è tanto lavoro per i violinisti; buona parte di costoro ritengono più pratico ed economico ascoltare qualche disco, montare due corde di budello e magari acquistare un arco leggero piuttosto che intraprendere un iter di studi magari serio ma lungo: il lavoro non può aspettare. Peccato che quel lavoro dovrebbe essere arte, e non musica da consumare …”.

In un’altra occasione (non ho trovato l’articolo e, quindi, vado a memoria (e magari ci metto del mio) sempre Gatti aveva lamentato “l’abitudine” dei direttori di utilizzare, per le esecuzioni filologiche, strumentisti con una solida preparazione accademica, ma più o meno indifferenti alle problematiche che tali esecuzioni pongono; anche in questo caso, la fretta di raggiungere un qualsiasi risultato prevale sul duro lavoro di far crescere musicisti quasi sempre semiprofessionisti, se non dilettanti, con i connessi difetti tecnici, per raggiungere risultati più “autentici” anche se inferiori agli standard del mercato.

A latere, un discorso simile si può fare per la critica musicale italiana: prima non ha accettato la “musica antica”, con atteggiamenti di rifiuto astioso e fobico, poi, quando finalmente e almeno in parte i critici si sono resi conto che non era possibile non prenderne atto, salvo vedersi relegati in un provincialismo e conservatorismo paradossali, si sono dati una “riverniciata” e hanno cominciato a parlarne, ma non essendosi messi veramente in discussione né avendo rivisto i propri “strumenti” critici, hanno sempre privilegiato, fino all’osanna, quei gruppi che affrontano le esecuzioni storiche nel modo descritto da Gatti; un passo avanti e due indietro, per dirla col vecchio Lenin.

Per concludere: non sarebbe meglio dire le cose come stanno, e poi che l’utente faccia le sue scelte liberamente ma con un pò di consapevolezza? Ma soprattutto, non avvallare le operazioni di chi ha deciso – ho cominciato con uno slogan della Rivoluzione Culturale cinese, termino con quello di chi la ha affossata, oltretutto buttando via il bambino con l’acqua sporca – che non importa di che colore è il gatto, se è rosso o nero, l’importante è che acchiappi i topi. Anche perché, nel nostro campo, non dovrebbe trattarsi di acchiappare i topi … .

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