Racconti dublinesi 2

Il mistero del panino scomparso

Ci trovavamo, io e Enrico, da O’Sullivan, un grazioso pub in Westmoreland Street, vicino a O’Connel Bridge e quindi a metà strada tra le 2 zone di shopping più importanti di Dublino, Garfton Street e O’Connel Street. Domenica avevamo ascoltato musica dal vivo (non musica celtica, come speravo, ma musica rock anni 60-80) e, secondo la lavagna esposta all’esterno del locale, anche quel giorno ci sarebbe stata musica dal vivo. Io non avevo molto piacere di tornarci, perchè il cameriere, un giovanotto molto poco irlandese, direi tra l’italiano e il turco, quando si era accorto che bevevo poco e spesso fingevo di aver consumato mettendomi davanti il bicchiere vuoto di Enrico, mi aveva sollecitato a lasciare libero il posto a sedere per più produttivi clienti – e come dargli torto, visto che ci stavano 40 persone in tutto, da cui dovevano pervenire anche i soldi per pagare i musicisti?

Arriviamo verso le 18, e il locale è quasi vuoto – strano! alle 19 nessuno suona, ne deduciamo che o la musica non c’era oppure cominciava troppo tardi per ME (Enrico se ne fregava e anche se perdevamo la DART (metro) era disposto a tornare in taxi – così mi vendevo la casa per pagare la mia parte). Stiamo per andarcene (io vedo che il cameriere mi ha riconosciuto, guarda con disprezzo la mia mezza pinta – Enrico dice che in Irlanda nessun uomo prende meno di 1 pinta per volta, così come nessuna donna prende più di mezza pinta, ma io una pinta non la reggo NON ROMPETE!!)

C’è anche un secondo cameriere, anziano, questo veramente irlandese doc, infatti tutti i turisti vogliono la foto con lui, è piccolo, snello, testa un po’ grossa soprattutto alle tempie, quasi pelato, occhio da ciucco perso, insomma un capolavoro. Questo bel tomo posa con eccessiva violenza sul bancone un panino gigante, 5 strati di carne, insalata, formaggio ecc… SPAVENTOSO! e, causa tale violenza, la metà superiore del panino, già in precario equilibrio, cade a terra in mezzo ai trespoli per i bevitori al banco. Lo sporco che c’è a terra è indescrivibile, perfino troppo per la zozzissima Dublino, scarpe, birra versata, schifezze varie, il tutto ben amalgamato da uno straccio vomitevole che ogni mezzora viene passato sul pavimento e, credo, risciacquato ogni 2 anni. Siamo subito bloccati dalla curiosità, come finirà? Dopo un po’ il cameriere giovane vede il piatto con il panino scapuzzato, lo osserva con stupore, perplesso, poi capisce e, ironicamente, si rivolge al cameriere anziato chiedendogli ragione dell’insolita foggia: Il vecchio guarda con occhio perso e incredulo, ma insomma, lui aveva preparato un panino completo, cosa è successo? Dopo un po’, con farte indifferente, gira intorno al banco e va a vedere, con nonchallance (chisà come si scrive), se trova il suo mezzo panino e … ECCOLO! spiccicato a terra nello schifo del pavimento e … hop, con mossa felina e rapida che non ti saresti mai aspettata lo raccoglie e lo rimette al suo posto.

Inorriditi, vogliamo proprio vedere chi sarà la vittima: c’è un ciucco, su cui scomettiamo perchè non è in grado di aver visto niente, alcuni turisti ignari con cui ci sentiamo solidali, un tizio grande e grosso, in giacca e cravatta, a mezzo metro dal piatto col panino ma che gli volge le spalle assorto a vedere la solita TV con Sky e il solito calcio che infestano i pub irlandesi … suspence … E’ LUI! che non si è accorto di quel che gli succedeva a mezzo metro e, senza nemmeno distogliere lo sguardo dallo schermo addenta gioioso pane e rumenta. Noi scappiamo con lo stomaco in subbuglio ma contenti, perchè uno scemo così se lo meritava – o quasi, perchè peste e colera non si può augurare a nessuno.

Racconti dublinesi 1

“Signore, fa’ che ci sia il gatto!”

La cucina irlandese non è solo poverissima (il che farebbe dire poveretti) ma terribile per ingredienti, modo di assemblaggio e cottura; se poi vi si aggiunge una landlady taccagna come quella presso cui alloggiavamo, sei proprio nei guai. Il momento più terribile è stato quando una sera, dopo che nel packet lunch del mattino avevamo trovato un sandwich al tonno dal colore e sapore dubbi, aprendo il frigo, abbiamo scoperto una scatoletta di Kitekat: gatti non ce n’erano in giro, che lei alimentasse il gatto del vicino era impensabile, a chi poteva essere destinato, se non a noi? Con le budella attorcigliate, abbiamo cominciato a favoleggiare di un gatto che, sì, c’era, lo avevamo visto, forse era della nipotina e la scatoletta era lì in attesa della prossima visita, mah, … Signore, fai che ci sia un gatto! Quando, dopo un paio di giorni ed essendo casualmente in casa in tarda mattinata abbiamo visto un povero essere spelacchiato che, reggendosi a stento sulle zampine, si dirigeva verso un piattino su cui era stato posto un poco (MOLTO poco) di pappa – arrivarci o morire di fame, questa la dura legge irlandese – aaaahhh che sollievo, grazie Signore grazie GRAZIE!

Dignità

(da “La forma dell’acqua” di Andrea Camilleri – il primo romanzo con protagonista il Commissario Montalbano, ed. Sellerio)… In breve, Gegè potè inaugurare alla ma’nnara il suo mercato specializzato in carne fresca e ricca varietà di droghe sempre leggere. La carne fresca in maggioranza proveniva dai paesi dell’est, finalmente liberati dal giogo comunista che, come ognun sa, negava ogni dignità alla persona umana: tra i cespugli e l’arenile della ma’nnara, nottetempo, quella riconquistata dignità tornava a risplendere. …

La ragion d’essere

Non so se è l’ambiente provinciale o se è così dappertutto e, magari e fatte le debite proporzioni, anche tra i grandi e grandissimi, ma accade che un tizio di dubbie abilità ma indubbia presunzione venga a fondare un nuovo (e non richiesto) circolo culturale; potrà produrre, a sostegno della giustezza della sua iniziativa, la “certificazione” dell’illustre critico, certificato a sua volta dall’illustre pittore, che il grande scultore non mancherà di certificare, lui che dal Nostro sarà certificato ? e così via autocertificandosi impunemente. In questa nostra società dell’Avvenimento, non potrà mancare il grande sforzo dell’Inaugurazione, cui verranno invitati gli eminenti artisti (come certificati al modo di cui sopra) con un allettante programma: esibizione concertistica del grande musicista, lettura di poesie della grande poetessa e, meraviglia!, omaggio della replica in piccolo dell’opera del grande disegnatore.

Dopo di che … un’altra Grande Inaugurazione, con grande programma come sopra, enfaticamente presentata sulle pagine locali dei quotidiani dall’illustre giornalista, come certificato da ecc. ecc. Alla terza inaugurazione, se mai esistesse qualcuno che voglia andare per il sottile (la calunnia è sempre in agguato, si sa) si potrebbe proporre una modifica allo Statuto del circolo, sostituendo alle formule di rito (promuovere lo sviluppo culturale, curare la didattica dell’arte nelle scuole, ecc.) l’esplicita dizione: scopo sociale del circolo è la propria inaugurazione.

Per finire: chi paga? Beh, certo, inizialmente (e meritoriamente) ci metteranno del proprio, ma presto, di certificazione in certificazione, si arriverà non certo al mecenate, specie estinta ché chi ha il denaro le certificazioni le vuole dalla propria Banca, ma alla peggiore figura del nostro poco consolante panorama: l’illustre Assessore (come certificato da ecc. ecc.) che ci metterà sì i soldi, ma i nostri …

Famolo Strano

Ricordate il film di Verdone, in cui una coppia già sazia di sesso e l’uno dell’altro si sposa e, durante il rituale viaggio di nozze, cerca stimoli nuovi ad un rapporto logorato? Beh, non credo che noi appassionati di musica dotta ci si possa dire sazi come i due personaggi del film, tutt’altro, soprattutto i cultori del “brutto anatroccolo” noto come “Musica antica” … Ma parrebbe che sazi lo siano i promotori di eventi musicali, visto che orientano le proprie energie nell’escogitare sempre nuovi ed eccitanti scenari per le esecuzioni: non solo musica nelle piazze, musica sulle spiagge, musica sui ghiacciai (con buona pace dei miei conterranei trentini), musica nei tetri androni di palazzi, musiche nei chiostri, musiche sulla fortezza e avanti così, di stranezza in stranezza; tutto curando, fuorché la fruibilità della musica, relegata a comprimaria dei “contenitori”, spesso inudibile (salvo impiego degli orripilanti sistemi di amplificazione) o da fruire sull’orlo della crisi isterica, in piedi o stipati su seggiole da tortura, in mezzo a disinteressati che hanno solo voluto “partecipare” salvo allontanarsi senza rispetto per chi vorrebbe ascoltare, a bambini che strillano o poppanti singhiozzanti per non parlare di gabbiani gracchianti, camion della Nettezza Urbana che effettuano ignari il loro rituale svuotamento dei cassonetti, sempre che non passi qualche incivile con impianto stereo dell’auto a tutto volume … Eppure Toscanini diceva che “all’aperto si gioca alle bocce” e, se c’è da esibire la (stracostossissima e quasi certamente tangentosa) ristrutturazione del teatro da parte dell’architetto alla moda, tutti si sprechino in elogi della comodità e della fedeltà dell’ascolto. Probabilmente il tutto è da ricondursi al connubio arte-turismo, il solo che legittima la spesa per una cosa tanto inutile quanto la buona musica, ignorando che il turismo è la Fossa delle Marianne dell’arte e del gusto; certo, musicisti e manager devono pur mangiare, e spesso non c’è altra occasione d’ascolto che queste: ma quanto sarebbe bello fare le cose al posto giusto nel modo giusto, tanto più che c’è tanta musica interessante, diversa da quella che amo, che viene bene nelle piazze, sulle spiagge, ecc. E allora, facciamoci questa, e per i melomani rassegnamoci a spendere senza “ritorno d’immagine” turistica, ostrega!

Favola Inutile

Favola Inutile

( di Andrea Camilleri )Una vespa si posò sul collo di un contadino.
“Ora ti pungo” – fece la vespa.
“Ragioniamo un momento” – disse il contadino – “Che te ne viene? Io massimo massimo mi faccio due giorni di febbre, tu invece, dopo avermi punto, sei costretta a morire. Ti pare cosa?”
La vespa non rispose e lo punse.
Colto da choc anafilattico, il contadino morì. Il suo ultimo pensiero fu: “Se l’ammazzavo con una botta invece di farla ragionare, a quest’ora sarei ancora vivo”.
A poca distanza, sconciata, la vespa stava per morire. Il suo ultimo pensiero fu: “Se ragionavo invece di pungerlo, a quest’ora sarei ancora viva”.

Questa è una favola assolutamente inutile.