Di Guido Ghezzi
C’è un omino, poco più che un’ombra, come fosse un colore più scuro sulla parete.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.Un bambino vedeva questo omino alla sera dalla finestra della sua casa; alcune sere l’omino restava fermo attaccato al muro della casa di fronte come fosse un disegno e solo si muoveva appena se il vento lo faceva oscillare.
Lo vedeva con la pioggia e con la neve e lo vedeva appeso là fuori nelle notti chiare di luna ed ogni tanto muoveva veloce le dita come se disegnasse nell’aria, e girava la testa di qua e di là come se stesse cercando qualcosa, poi, all’improvviso, spariva come soffiato via dal vento.
Un giorno il bimbo aprì la finestra per vedere meglio quel che faceva l’omino, l’omino se ne accorse e rimase fermo fermo, guardando il bimbo, che quasi si spaventò per averlo disturbato.
Non parlarono.
Il bimbo ora vide meglio l’omino: era sottile sottile, con un volto come un disegno ed i capelli come strisce di carta colorata ed aveva un vestito che gli sembrava fatto di cenere e ad ogni colpo di vento si increspava di colori.
E poi svanì.
Altre volte il bimbo e l’omino rimasero a fissarsi dalla finestra, finchè il bimbo pensò che ora erano un po’ amici e forse potevano giocare insieme, così decise di chiedere il suo nome.
“Come ti chiami?” chiese, un po’ timidamente.
L’omino non rispose.
Dopo un po’ di tempo il bimbo pensò: “Non ha voglia di giocare” e stava per richiudere la finestra quando udì una voce, quasi il rumore delle foglie nel vento, che diceva: “Ho tanti nomi, ho tanti nomi. Dinne uno” .
“Quale?” disse il bimbo.
Ma l’omino ripeteva “Ho tanti nomi, ho tanti nomi. Dinne uno”.
“Allora ti chiami?.ti chiami?.Beniamino!”
L’omino oscillò vicino allo spigolo del muro della casa di fronte e sorridendo ripetè “Beniamino?Beniamino”.
“E cosa fai, Beniamino?” chiese il bimbo.
L’omino smise di oscillare “Aspetto”.
“E cosa aspetti?”.
“Aspetto il silenzio” disse, poi riprese ad oscillare e poco dopo svanì.
Il bimbo chiuse la finestra. Era molto contento per la sua nuova amicizia e si addormentò pensando al silenzio ed a Beniamino.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.Un bambino vedeva questo omino alla sera dalla finestra della sua casa; alcune sere l’omino restava fermo attaccato al muro della casa di fronte come fosse un disegno e solo si muoveva appena se il vento lo faceva oscillare.
Lo vedeva con la pioggia e con la neve e lo vedeva appeso là fuori nelle notti chiare di luna ed ogni tanto muoveva veloce le dita come se disegnasse nell’aria, e girava la testa di qua e di là come se stesse cercando qualcosa, poi, all’improvviso, spariva come soffiato via dal vento.
Un giorno il bimbo aprì la finestra per vedere meglio quel che faceva l’omino, l’omino se ne accorse e rimase fermo fermo, guardando il bimbo, che quasi si spaventò per averlo disturbato.
Non parlarono.
Il bimbo ora vide meglio l’omino: era sottile sottile, con un volto come un disegno ed i capelli come strisce di carta colorata ed aveva un vestito che gli sembrava fatto di cenere e ad ogni colpo di vento si increspava di colori.
E poi svanì.
Altre volte il bimbo e l’omino rimasero a fissarsi dalla finestra, finchè il bimbo pensò che ora erano un po’ amici e forse potevano giocare insieme, così decise di chiedere il suo nome.
“Come ti chiami?” chiese, un po’ timidamente.
L’omino non rispose.
Dopo un po’ di tempo il bimbo pensò: “Non ha voglia di giocare” e stava per richiudere la finestra quando udì una voce, quasi il rumore delle foglie nel vento, che diceva: “Ho tanti nomi, ho tanti nomi. Dinne uno” .
“Quale?” disse il bimbo.
Ma l’omino ripeteva “Ho tanti nomi, ho tanti nomi. Dinne uno”.
“Allora ti chiami?.ti chiami?.Beniamino!”
L’omino oscillò vicino allo spigolo del muro della casa di fronte e sorridendo ripetè “Beniamino?Beniamino”.
“E cosa fai, Beniamino?” chiese il bimbo.
L’omino smise di oscillare “Aspetto”.
“E cosa aspetti?”.
“Aspetto il silenzio” disse, poi riprese ad oscillare e poco dopo svanì.
Il bimbo chiuse la finestra. Era molto contento per la sua nuova amicizia e si addormentò pensando al silenzio ed a Beniamino.
Passarono i giorni e di tanto in tanto Beniamino compariva sul muro davanti alla finestra e il bambino lo vedeva a volte in mezzo alla pioggia fitta, a volte circondato da foglie secche e pezzetti di carta che vorticavano nel vento forte, sempre intento ad oscillare e ad afferrare qualcosa con le mani, che però il bambino mai riuscì a vedere bene. A volte sembrava una forma indistinta, come un velo appena trasparente, a volte come un mulinello di vento e neve.
E scambiarono parole, poche in verità, ma il bambino sentiva che quelle poche parole bastavano. Divennero amici.
Una sera, all’imbrunire, l’omino era là, appeso alla grondaia, appena sotto il tetto della casa di fronte ed oscillava piano piano, come se stesse dormendo.
Il bambino aprì la finestra, lo chiamò e l’omino lo guardò un attimo, poi indicò un punto lontano, verso l’orizzonte libero. Il bimbo guardò verso quel punto indicato dal braccino sottile sottile dell’omino.
Non vide nulla di strano, c’era solo un bel colore, una specie di rosa un po’ azzurro e la sagoma delle colline, tutto il resto era già nell’ombra della sera.
Poi l’omino sembrò raddrizzarsi, allungarsi nell’aria, socchiudere gli occhi?.E all’improvviso lo sentì, sentì quello che l’omino aveva sentito prima di lui.
Sentì arrivare lento lento, con un passo leggero ma sicuro qualcosa che si muoveva nell’aria e si allungava ovunque, come una nevicata, un colpo di vento leggero leggero che ti arriva addosso e non sai da dove.
Sentì il silenzio.
L’omino allungò le braccia, aprì le dita, così sottili che al bimbo sembravano fili fatti di niente, si sporse nell’aria e poi pian piano le richiuse.
Il bimbo rimase a guardare. Sembrò che tutto si fermasse.
Il silenzio era ovunque, in ogni angolo, tra ogni foglia, posato sul mondo, come una musica senza note.
Poi tutto tornò come prima, suoni e rumori tornarono e tutto il mondo sembrò ripartire dopo essersi riposato.
L’omino si voltò verso il bimbo “Questo silenzio è per te.” Disse porgendogli le mani racchiuse “Non perderlo”.
Il bimbo allargò le sue dita e guardò quella forma di vento che passava dalle mani dell’omino nelle sue.
Poi guardò l’omino ma non lo vide più. Attorno a lui c’era solo quel colore un po’ rosa e un po’ azzurro, steso sulle colline.”E’ andato via” pensò il bambino mentre chiudeva la finestra e andava a letto “E non sono riuscito neanche a salutarlo”.
Poi riguardò le sue mani, tra le dita teneva il dono dell’omino ed andò sotto la coperta, al buio. Ora lo vedeva meglio, una specie di nebbia di tanti colori tenui. Quasi voleva aprire le dita, ma esitava; in fondo quasi aveva un po’ paura di quella cosa nuova e strana.
Decise che l’avrebbe messa sotto il cuscino, dentro una scatola di legno a forma di elefante in cui custodiva altre cose cui teneva molto.
E scambiarono parole, poche in verità, ma il bambino sentiva che quelle poche parole bastavano. Divennero amici.
Una sera, all’imbrunire, l’omino era là, appeso alla grondaia, appena sotto il tetto della casa di fronte ed oscillava piano piano, come se stesse dormendo.
Il bambino aprì la finestra, lo chiamò e l’omino lo guardò un attimo, poi indicò un punto lontano, verso l’orizzonte libero. Il bimbo guardò verso quel punto indicato dal braccino sottile sottile dell’omino.
Non vide nulla di strano, c’era solo un bel colore, una specie di rosa un po’ azzurro e la sagoma delle colline, tutto il resto era già nell’ombra della sera.
Poi l’omino sembrò raddrizzarsi, allungarsi nell’aria, socchiudere gli occhi?.E all’improvviso lo sentì, sentì quello che l’omino aveva sentito prima di lui.
Sentì arrivare lento lento, con un passo leggero ma sicuro qualcosa che si muoveva nell’aria e si allungava ovunque, come una nevicata, un colpo di vento leggero leggero che ti arriva addosso e non sai da dove.
Sentì il silenzio.
L’omino allungò le braccia, aprì le dita, così sottili che al bimbo sembravano fili fatti di niente, si sporse nell’aria e poi pian piano le richiuse.
Il bimbo rimase a guardare. Sembrò che tutto si fermasse.
Il silenzio era ovunque, in ogni angolo, tra ogni foglia, posato sul mondo, come una musica senza note.
Poi tutto tornò come prima, suoni e rumori tornarono e tutto il mondo sembrò ripartire dopo essersi riposato.
L’omino si voltò verso il bimbo “Questo silenzio è per te.” Disse porgendogli le mani racchiuse “Non perderlo”.
Il bimbo allargò le sue dita e guardò quella forma di vento che passava dalle mani dell’omino nelle sue.
Poi guardò l’omino ma non lo vide più. Attorno a lui c’era solo quel colore un po’ rosa e un po’ azzurro, steso sulle colline.”E’ andato via” pensò il bambino mentre chiudeva la finestra e andava a letto “E non sono riuscito neanche a salutarlo”.
Poi riguardò le sue mani, tra le dita teneva il dono dell’omino ed andò sotto la coperta, al buio. Ora lo vedeva meglio, una specie di nebbia di tanti colori tenui. Quasi voleva aprire le dita, ma esitava; in fondo quasi aveva un po’ paura di quella cosa nuova e strana.
Decise che l’avrebbe messa sotto il cuscino, dentro una scatola di legno a forma di elefante in cui custodiva altre cose cui teneva molto.
C’è un omino, poco più che un’ombra, come fosse un colore più scuro sulla parete.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.Molte volte aprì la scatola per sentire di nuovo il silenzio che Beniamino gli aveva regalato, ed ogni volta si chiedeva dove fosse andato l’omino, che ormai non vedeva da tempo.
Provò anche ad andare in cima alla collina dietro casa per vedere bene tutt’attorno ma non trovò più Beniamino.
Ogni volta sperava di vederlo ma restava deluso, Beniamino se n’era davvero andato.
Allora apriva la scatola a forma di elefante che portava sempre con sé ed ascoltava il silenzio spandersi sulla collina. Ed ogni volta provava una specie di paura che non era vera paura, qualcosa che lo faceva sentire come una nuvola in mezzo al cielo, e gli sembrava di andare sempre più in alto, fino a che richiudeva la scatola e tutti i rumori tornavano.
Finalmente una sera l’omino tornò sul muro della casa di fronte ed il bambino subito aprì la finestra e lo chiamò “Beniamino, sei tornato!”.
L’omino sembrava molto impegnato e oscillava e muoveva veloce le dita nell’aria, come sempre.
“Pensavo che fossi andato via” disse il bambino.
L’omino sembrava molto indaffarato e parlò con la sua vocina sottile “Sono venuto a salutarti” disse mentre oscillava e oscillava.
“Ho sempre il tuo regalo” puntualizzò subito il bambino.
“Tienilo sempre” disse Beniamino “Non perderlo, altrimenti non lo ritroverai più. Mai più”
Il bimbo riguardò la scatola a forma di elefante nelle sue mani.
“Ora devo andare via” disse l’omino “Ho tante cose da fare. Tante cose”.
“Quando torni?” chiese il bambino.
“Chissà?” disse l’omino mentre si spostava lungo la grondaia e si allontanava “Chissà?” ripetè “Ho tante cose da fare”.
“Dove vai, Beniamino?”
L’omino era già sul tetto di un’altra casa, sempre più lontano, ma il bimbo sentiva ancora la sua vocina sottile “Non dimenticare. Non dimenticare Beniamino”.
Lo vide oscillare nell’ombra lontano, come fosse un disegno tenue, con i suoi capelli come fili di tanti colori. Il bambino rimase a guardare finchè non fu più sicuro di vederlo, troppo piccolo e lontano mentre la notte era ormai scesa.
Allora lo salutò “Ciao, Beniamino”.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.Molte volte aprì la scatola per sentire di nuovo il silenzio che Beniamino gli aveva regalato, ed ogni volta si chiedeva dove fosse andato l’omino, che ormai non vedeva da tempo.
Provò anche ad andare in cima alla collina dietro casa per vedere bene tutt’attorno ma non trovò più Beniamino.
Ogni volta sperava di vederlo ma restava deluso, Beniamino se n’era davvero andato.
Allora apriva la scatola a forma di elefante che portava sempre con sé ed ascoltava il silenzio spandersi sulla collina. Ed ogni volta provava una specie di paura che non era vera paura, qualcosa che lo faceva sentire come una nuvola in mezzo al cielo, e gli sembrava di andare sempre più in alto, fino a che richiudeva la scatola e tutti i rumori tornavano.
Finalmente una sera l’omino tornò sul muro della casa di fronte ed il bambino subito aprì la finestra e lo chiamò “Beniamino, sei tornato!”.
L’omino sembrava molto impegnato e oscillava e muoveva veloce le dita nell’aria, come sempre.
“Pensavo che fossi andato via” disse il bambino.
L’omino sembrava molto indaffarato e parlò con la sua vocina sottile “Sono venuto a salutarti” disse mentre oscillava e oscillava.
“Ho sempre il tuo regalo” puntualizzò subito il bambino.
“Tienilo sempre” disse Beniamino “Non perderlo, altrimenti non lo ritroverai più. Mai più”
Il bimbo riguardò la scatola a forma di elefante nelle sue mani.
“Ora devo andare via” disse l’omino “Ho tante cose da fare. Tante cose”.
“Quando torni?” chiese il bambino.
“Chissà?” disse l’omino mentre si spostava lungo la grondaia e si allontanava “Chissà?” ripetè “Ho tante cose da fare”.
“Dove vai, Beniamino?”
L’omino era già sul tetto di un’altra casa, sempre più lontano, ma il bimbo sentiva ancora la sua vocina sottile “Non dimenticare. Non dimenticare Beniamino”.
Lo vide oscillare nell’ombra lontano, come fosse un disegno tenue, con i suoi capelli come fili di tanti colori. Il bambino rimase a guardare finchè non fu più sicuro di vederlo, troppo piccolo e lontano mentre la notte era ormai scesa.
Allora lo salutò “Ciao, Beniamino”.
C’è un omino, poco più che un’ombra, come fosse un colore più scuro sulla parete.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.
C’è un omino che non si vede di giorno, non si vede con il sole.
C’è un omino che si vede quando c’è la luna.
C’è un omino colorato che quasi non si vede, e se lo guardi fisso sparisce e se gli guardi appena vicino ricompare.
C’è un omino che ti sembra si muova, che faccia qualcosa con le mani, che muova veloce le dita nell’aria.
E non sai chi è.
E poi va via e non sai se tornerà.