Sabato scorso Enrico – che i lettori di questo mio angolo di esternazioni conoscono bene (vedi Racconti Dublinesi, Morte in Valle Stretta ecc.) – ha presentato a Villa Cambiaso una sua raccolta di versi, la prima che rende pubblica: “l’Uomo di Spade” (stampato in proprio). Vista la difficoltà di reperire il libro, soprattutto per i non-savonesi, mi permetto di “rubare” a Enrico e proporre ai miei lettori uno dei suoi pezzi, quello che è risultato più in sintonia con la mia natura bizzarra (chiamiamola così); certo, ce ne sono di più preziosi tecnicamente, e di più sentiti e commossi, ma ho scelto l’esito poetico di un episodio (chiaramente autobiografico) da tanti punti di vista significativo.
La poetessa di Cairo
Pallida poetessa sciorini la tua languida lirica sfiatata
deposta su ricca pergamena
vestendo di seta e broccato il tuo nulla.
Canti il sole e le stelle
e ti consoli con Cristo.
T’aspetti ch’io tenga
la tua manina diafana
sbatta le lunghe ciglia
fissando il tuo pallore lunare
e ti parli della Bohème
invece … … … …
che fai? arretri? ti schermisci? inorridisci?
non è più onesta questa carnale durezza,
non t’ispira pur lieve carezza?
Di Majakovskij, Lawrence, Moravia
volevi parlare.
Bene, non svenire, lo metto via,
sei vegetariana e di Famiglia Cristiana.