La Musica

Di Guido Ghezzi

La musica, come tutte le altre forme espressive dell’intelligenza umana, si presenta come una grande catena montuosa, che l’occhio percepisce come un vasto paesaggio composto da innumerevoli cime, picchi e valli. Da questo metaforico paesaggio emergono alcune grandi vette, che si elevano ben al di sopra delle altre.
L’ideale viaggiatore troverà angoli incantevoli qua e là, stralci di paesaggio evocativi, panorami struggenti e potrà così trovare appagata la propria sete di sensazioni, ma finirà prima o poi per imbattersi in quelle vette inarrivabili, che incutono smarrimento perchè potente è ciò che la loro percezione sottende.
Quindi, lasciando in sottofondo questa immagine e tornando alla musica, penso si possa dire che moltissimi sono gli autori interessanti, intriganti o semplicemente piacevoli, mentre pochi, isolati ed inarrivabili restano coloro che furono guidati dal genio e dominano sulla moltitudine, proiettando un’ombra intensa ed estesa. Ritengo un errore limitare l’ascolto della musica ai prodotti di questi giganti, che pure ne costituiscono indiscutibili (ma su questo argomento particolare torneremo) pietre miliari. Per essere chiari e soffermandoci sulla musica occidentale comunemente definita “classica” (che è una nicchia, per quanto importante) non si deve commettere l’errore di confinare le proprie esperienze ai Bach, Mozart, Beethoven, Haydn, Schubert, Brahms e forse pochi altri che condividono l’empireo.
Vedo almeno due conseguenze di una tale limitazione, entrambe esiziali:

  • ignorare una miriade di autori che comunque hanno spesso prodotto ottima musica (che regala piacevoli sensazioni e già questo basterebbe) e che in alcuni casi hanno posto le basi su cui i geni hanno costruito i loro monumenti, monumenti che tanto più possono dare all’ascoltatore quanto più se ne conoscono le premesse;
  • perdere la visione d’insieme dello sviluppo della musica in quanto forma d’arte legata allo sviluppo storico-cognitivo dell’uomo. Fissare una grande cima svettante, pur lasciandoci senza fiato, ci priva della visione d’insieme del panorama.

Quindi, riportando la nostra immagine di sottofondo da cui siamo partiti in primo piano cerchiamo di essere buoni viaggiatori e non disdegniamo il piccolo lago ai piedi dell’esaltante grande parete che ci domina, assaporiamo l’aria tranquilla della valle senza nome che incide il fianco della montagna, percorriamo il sentiero che svolta sul dorso del piccolo colle nell’ombra della vetta e lasciamo che il nostro occhio non abbia limiti.

La gioia è nell’interezza.